Glutine: intolleranza e medicina biologica
Nell’intolleranza al glutine è utile la medicina biologica per la valutazione dei conflitti biologici e dei campi emozionali implicati nella malattia. Nei bambini l’ intolleranza al glutine può comportare un ritardo nella crescita. L’ intolleranza al glutine è una malattia più frequente nelle donne che negli uomini ed è causata da una reazione immune alla gliadina presente nel grano e altri cereali comuni, quali orzo e segale. Il contatto durante i processi digestivi con la gliadina causa una reazione infiammatoria tale da compromettere la morfologia e funzione dei villi che rivestono l’intestino tenue. I villi di un paziente con intolleranza al glutine riducono la loro dimensione interferendo con l’assorbimento delle sostanze nutritive, poiché i villi intestinali ne sono responsabili.
Il trattamento proposto dalla medicina convenzionale è una permanente dieta priva di glutine. Cereali come mais, miglio, il sorgo, teff, il riso zizania, amaranto, quinoa e grano saraceno sono cibi considerati sicuri. Anche alimenti, non cereali, ricchi di carboidrati come le patate e le banane non contengono glutine e quindi non portano allo sviluppo dei sintomi. Nonostante queste numerose alternative al grano negli ultimi anni si è assistito ad una proliferazione intensa di alimenti privi di glutine di produzione industriale. Un robusto marketing promuove questi cibi industriali anche per il tramite dei sistemi sanitari che compiacciono gli interessi economici connessi all’ intolleranza al glutine. Una piccola minoranza di pazienti, risultano affetti da intolleranza al glutine refrattaria al trattamento, il che significa che non migliorano, nonostante una dieta priva di glutine. Per questi la medicina convenzionale propone, la somministrazione di steroidi o immunosoppressori. Si ritiene che l’ intolleranza al glutine sintomatica abbia cause genetiche e ambientali. Tra le cause ambientali o aggravanti della celiachia possono essere citate :
- grano geneticamente modificato
- inquinamento della catena alimentare
- acidificazione della alimentazione
- presenza di tossici ambientali anche non assunti tramite cibo
- stress emozionale
- eccessivo consumo di cereali raffinati e lavorati a livello industriale
- abuso di farmaci o polifarmaco
L’ intolleranza al glutine sintomatica o celiachia è ritenuta rara, con una prevalenza stimata di circa lo 0,02%.. Nelle popolazioni con sistemi sanitari molto evoluti la prevalenza dell’ intolleranza al glutine sale vertiginosamente a circa il 3% della popolazione. Si tratta però di pazienti quasi sempre asintomatici, mentre solo una piccola parte di loro soffrirebbe quindi di una forma clinica. Agli individui di origine africana, giapponese e cinese raramente viene diagnosticata la malattia, questo riflette una prevalenza molto più bassa dei fattori di rischio genetici, e soprattutto iatrogeni. Si osserva la tendenza ad elevare il numero di diagnosi nei sistemi sanitari con business di prodotti per intolleranza al glutine. I confini tra intolleranza al glutine sintomatica e un’ intolleranza al glutine asintomatica sono talvolta forzati. Una generica intolleranza al glutine senza o con scarsi sintomi è considerata troppo spesso come la malattia. Questa condotta è denominata disease mongering e non riguarda solo l’ intolleranza al glutine.
La patogenesi dell’ intolleranza al glutine è incentrata sul ruolo dei linfociti T. Si suppone che la gliadina, una volta “attivata” influenzi citochine che causano apoptosi e iperproliferazione cellulare che portano all’appiattimento della mucosa intestinale. L‘ azione dei linfociti B che porta alla produzione di anticorpi antigliadina, antiendomisio e antitransglutaminasi tissutale. Sebbene questi anticorpi siano molto utili per la diagnosi di intolleranza al glutine, non è ancora chiaro se siano anch’essi responsabili del danno sulla mucosa o se non ne siano anche loro una conseguenza. Tutti questi anticorpi sono glutine – sensibili, scompaiono cioè dal siero dei pazienti quando sono in dieta priva di glutine. La diarrea, caratteristica dell’ intolleranza al glutine è voluminosa e maleodorante. Possono essere presenti dolore addominale e crampi, gonfiore accompagnato da distensione addominale. Spesso, i sintomi sono attribuiti al colon irritabile e solo in seguito vengono riconosciuti come intolleranza al glutine. Per la diagnosi esistono gli esami del sangue titoli anticorpali che possono essere utilizzati però solo se il paziente non sta già assumendo una dieta priva di glutine. Per la diagnosi si può ricorrere anche alla biopsia endoscopica. Questo procedimento ha dimostrato avere una ottima sensibilità, in una popolazione di soggetti con un’alta probabilità di avere la malattia, ma con elevato tasso di falsi positivi. Al momento della diagnosi, ulteriori indagini possono essere effettuate per identificare le complicanze. Esse possono essere la carenza di ferro, di acido folico, di vitamina B12 e ipocalcemia. La valutazione dei micronutrienti tramite l’analisi di composizione corporea in nutrizione clinica è utili a valutare la situazione nel singolo paziente. Test di funzionalità tiroidea possono essere richiesti durante gli esami del sangue per identificare l’ipotiroidismo, che si presenta con maggior frequenza nelle persone con intolleranza al glutine. Indagini per misurare la densità ossea come ad esempio la mineralometria ossea computerizzata o densitometria bioimpedenziomentrica, sono utili per identificare il rischio di osteopenia e osteoporosi tipiche dei pazienti con intolleranza al glutine.
Per comprendere l’ intolleranza al glutine secondo la medicina biologica è necessario descrivere il conflitto biologico per il quale la malattia in oggetto costituisce soluzione. Le problematiche connesse alla organizzazione umana per clan sono necessarie per descrivere il conflitto del paziente con intolleranza al glutine. Nel clan la specializzazione delle funzioni riguarda anche la fornitura di fonti caloriche per i membri del clan. Due specializzazioni concorrono primariamente a garantire il nutrimento del clan: il raccoglitore e il cacciatore. Il cacciatore provvede a proteine animali derivate da attività di caccia, per la quale è costretto a muoversi nel territorio. Il cacciatore costringe tutto il clan a seguirlo orientato dalle stagioni, dai cicli migratori, delle specie animali predate e dalla concorrenza di clan rivali. Il raccoglitore è responsabile delle fonti nutrizionali di tipo vegetale alle quali provvede tramite una raccolta orientata dalla crescita spontanea dei vegetali stessi. Il primato della fonte calorica carnivora su quella vegetale risale a questo momento dell’evoluzione umana per clan. Successivamente avviene un accrescimento di coscienza che muta tutta l’ organizzazione sociale e sopratutto ricchezza e disponibilità di fonti caloriche. Dall’osservazione della riproduzione umana deriva una tecnologia che consentirà al raccoglitore di provvedere in modo stanziale e ricco alla nutrizione del clan: coltivazione della terra e allevamento di bestiame. La tecnologia del raccoglitore culmirà nell’ agricoltura, condizione che consentirà al clan di avere maggiore nutrimento, ricchezza e sicurezza conservando un territorio piuttosto che migrando. La tecnologia del raccoglitore implementata costruirà la cultura stanziale del clan, opponente alla cultura nomade. Il cereale grano rappresenta per il sistema nervoso centrale l’alimento sul quale si incardina il conflitto tra nomadismo e stanzialità. Nel tempo sarà vincente la stanzialità per la superiorità e efficienza sopratutto riguardo al cibo e sicurezza. Attualmente le popolazioni nomadi sulla terra sono numericamente ridotte. La maggior parte degli esseri umani pratica stanzialità. Il conflitto tra nomadi e stanziali nel clan è stato superato con una conversione della funzione di cacciatore. Il cacciatore diviene con la stanzialità garante “militare” del territorio posseduto stabilmente. Il compito del cacciatore di provvedere al nutrimento tramite la caccia si riduce a marginale, ma contemporaneamente diventa rilevante garantire la sicurezza dei territori dove avviene la coltivazione e l’allevamento del bestiame. L’ intolleranza al glutine è la malattia che maggiormente rappresenta questo passaggio evolutivo e i conflitti che lo hanno caratterizzato. Il malato di intolleranza al glutine non tollera il glutine ovvero le proteine del grano. Il senso della malattia è un rifiuto della stanzialità connessa al grano. Il malato di celiachia applica il campo emozionale in basculamento tra ipergioia e ipogioia: si illude e si disillude preparando la risposta tissulare su intestino tenue. Il conflitto biologico patito è legato alla scelta tra stanzialità e nomadismo. Il risentito è la perdita della libertà di movimento in relazione alle fonti nutrizionali. Per l’uomo contemporaneo il grano diventa per scivolamento sinteticoinduttivo la “grana” che spesso determina sofferenza nella rinuncia alla libertà di andare via. Un conflitto moderno ma risentito con le qualità descritte descrive il senso dell’ intolleranza al glutine. La scarica diarroica rappresenta il rifiuto di un cibo che racchiude più di altri la perdita della libertà e dei connessi ritmi di vita.
Per la medicina biologica la ricerca del senso di una malattia non disconosce per nulla i meccanismi somatici per i quali tale malattia si realizza nel corpo del paziente. Al contrario la medicina biologica cerca oltre la meccanica della malattia anche la finalità sensata della malattia nel contesto di una evoluzione prima personale, poi della stirpe e infine della specie. Per la medicina biologica la malattia è una risposta adattativa al conflitto sottostante operata a livello sottocorticale ovvero con le zone del sistema nervoso centrale deputate al controllo dei tessuti, degli organi e connesse funzioni. La medicina biologica ha l’obiettivo di circoscrivere il senso della malattia e non si contrappone alla medicina convenzionale che ne descrive il modo. Al contrario queste due metodiche si completano vicendevolmente.
L’analisi delle sofferenze patite dal malato, dei diversi fattori aggravanti, delle modalizzazioni e dell’insorgenza primaria possono aiutare nell’identificazione del conflitto biologico sottostante per il singolo paziente. Una valutazione del risentito personale connesso secondo la medicina biologica, rappresenta una possibilità prima di comprensione e successivamente di coscienza riguardo al senso implicato dalla malattia, premessa ineludibile per per soluzione conflittuale.